Lettera Pastorale del Vescovo SILUAN della Diocesi Ortodossa Romena d’Italia per la Solennità della Resurrezione del Signore 2022


Pubblichiamo la Lettera Pastorale del Vescovo SILUAN della Diocesi Ortodossa Romena d’Italia per la Solennità della Resurrezione del Signore 2022, rivolgendo a tutta la Comunità Ortodossa Romena d'Italia i nostri auguri di una buona Pasqua! Paște Fericit! Christos a înviat!



 HA LIBERATO GLI INCATENATI DALLE LORO TRIBOLAZIONI


† SILUAN

 


Per grazia di Dio, Vescovo della Eletta da Dio Diocesi Ortodossa Romena d’Italia,

Piissimo Ordine Monastico,

Reverendissimo Clero, e Tutti coloro che ascoltano o leggono questa Lettera Pastorale,

Grazia a voi, pace e gioia da Cristo il Risorto dai morti,

E da noi, paterna benedizione, assieme all’antichissimo saluto:


CRISTO È RISORTO!


 


Grazie alla Divina Provvidenza siamo giunti, ancora una volta, a festeggiare la Resurrezione del Redentore nostro Gesù Cristo e gioire della luce che risplende, come sull’acqua di una fonte pura, nella tomba vuota nel quale si è riposato il Vincitore della morte e del peccato. La Resurrezione del Signore ha anche un altro nome, Catabasi[1]. Per questo il sacerdote all’altare, quando incensa la mensa prima della divina liturgia, dice: Nella tomba eri con il corpo e negli inferi con l’anima qual Dio; in paradiso con il ladrone e in trono con il Padre e con lo Spirito, o Cristo: Tutto ricolmando, o incircoscritto.

La morte e la resurrezione di Cristo non riguardano solo Lui, ma tutti noi, specialmente coloro che, nella speranza della resurrezione e della vita eterna, si sono addormentati, ciò significa, per loro, la liberazione dai legami e dalle sofferenze della morte, così come cantiamo all’ufficio funebre: Tu sei Iddio sceso nell’Ade e hai liberato gli incatenati dalle loro tribolazioni. Al Canone Pasquale (Ode quinta) si dice: vedendo, o Cristo, la Tua poderosa compassione, gli imprigionati dell’Ade hanno raggiunto la luce con piedi leggeri, lodando la vera Pasqua. E all’Irmo dell’Ode sesta, ancora: Sei sceso nel sottosuolo e hai scardinato i lacci ancestrali che ci tenevano legati, o Cristo. 

La discesa agli inferi del Figlio dell’Uomo è la vittoria sull’Ade e la liberazione di coloro che hanno posto ogni speranza nel Creatore e Signore nostro Dio. Su questo si basa anche la nostra preghiera per i nostri cari defunti passati alla vita eterna e per il perdono dei loro peccati. La più grande consolazione rimane il fatto che la discesa agli inferi di Cristo non rimane un fatto isolato, un fatto passato, ma l’evento del Salvatore Gesù Cristo – che rimane con noi Tutti i giorni (Mt 28:20) – è ancora oggi attuale, sia sul piano generale, che su quello personale. 

Sul piano personale, tramite la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo Signore, Colui che è morto e risorto, Esso penetra in noi fino al nostro essere più profondo, includendo e vincendo l’ade del buio e del peccato che alberga in noi. Nella misura con cui chiamiamo il Nome del Signore, in qualsiasi stato di coscienza ci troviamo, anche se immersi nell’ade, il nostro Salvatore e Vincitore della morte ci risponderà, fortificandoci e illuminandoci con la Sua presenza. Questo è confermato dalle parole del Salmista, che dice: Doglie di inferno mi avevano circondato, mi avevano prevenuto lacci di morte. Nella mia tribolazione invocai il Signore e al mio Dio gridai: ascoltò dal Suo tempio santo la mia voce e il mio grido dinanzi a Lui penetrerà nelle Sue orecchie [Salmo 17:5-6]. Mi hanno stretto doglie di morte, pericoli d’inferno mi hanno colto: tribolazione e dolore ho trovato e ho invocato il Nome del Signore [Salmo 114:3-4]. Ti confesserò, Signore Dio mio, con tutto il mio cuore e glorificherò il Tuo Nome in eterno, poiché la Tua misericordia è grande su di me e hai liberato l’anima mia dal più profondo degli inferi [Salmo 85:12-13]. E al vespro udiamo cantare: Dalle profondità ho gridato a Te, Signore, Signore, ascolta la mia voce: siano le Tue orecchie attente alla voce della mia supplica [Salmo 129:1-2].

Il Signore e Dio nostro non sta a guardare, con indifferenza, “da lontano”, i nostri problemi e i tumulti interiori, né quelli personali né quelli generali, ma è, come ci ha promesso, insieme a noi, anche nel più profondo degli inferi. Perciò è bene udire e credere le parole del salmista ed ascoltarle come una certezza, quando dice: Dio libererà la mia anima dalla mano dell’inferno, quando mi prenderà (Salmo 48,16). Anche se io scendo all’inferno, sei presente (Salmo 138, 8).

La discesa agli inferi è prefigurata, nell’Antico Testamento, dalla gettata nella fornace dei tre giovani credenti in Dio, Anania, Azaria e Misaele (cfr Dan. 3), presso i quali discende un “angelo” che prefigura il Signore sceso all’inferno. Il coraggio e la fiducia dei tre giovani gettati nel forno sono esemplari. Da loro possiamo imparare come, ricevendo con pentimento le tribolazioni che ci vengono addosso, possiamo abbandonarci alla misericordia di Dio e liberarci dalla “fornace” delle prove e delle sofferenze. Ecco come i tre giovani ricevono la condanna del re Nabucodonosor, dicendo:

Benedetto sei Tu, o Signore Dio dei nostri padri, e benedetto e glorificato è il Tuo nome nei secoli. Poiché Tu sei giusto in tutto ciò che ci hai fatto, e tutta la Tua opera è vera, e rette sono le Tue vie e Tua giustizia e i Tuoi giudizi sono giusti. E Tu hai fatto giudizi di verità dopo tutto ciò che hai fatto venire su di noi e sulla città santa dei nostri padri, Gerusalemme; che in verità e giudizio ci hai portato tutto questo per i nostri peccati. Infatti, abbiamo peccato, commesso iniquità e ci siamo allontanati da te. E abbiamo sbagliato in ogni cosa, e non abbiamo osservato i Tuoi comandamenti, né li abbiamo osservati, né li abbiamo seguiti, come Tu ci hai comandato, per il nostro bene. E tutto ciò che hai portato su di noi, e tutto ciò che ci hai fatto, con vero giudizio l’hai fatto. (…) Ma, con anima umile e spirito contrito, veniamo ricevuti. (…) E ora Ti seguiamo con tutto il cuore e Ti temiamo, e cerchiamo il Tuo volto. Non vergognarti di noi, ma rallegraci, secondo la moltitudine delle Tue tenere misericordie. E salvaci, secondo le Tue opere meravigliose, e rendi gloria al Tuo Nome, o Signore (Cantico dei Tre Fanciulli, 1-7; 11-12; 15; 17-19).

La discesa agli inferi del Salvatore Gesù Cristo, prefigurata dalla discesa dell’angelo del Signore dai tre giovani gettati nella fornace ardente dei babilonesi, è per noi oggi una grande consolazione, sia personalmente che a livello globale. Anche oggi, Cristo non trascura la “chiamata” (invocazione) del Suo Nome, che viene dal cuore spezzato e turbato di coloro che sono provati, afflitti, erranti o perseguitati. EGLI È CON NOI e com-patisce con ogni anima che invoca il Suo nome! Compatisce anzi con L’UOMO INTERO, cioè con tutta l’umanità, poiché, attraverso la Sua incarnazione, ha assunto la natura umana nella sua interezza, ricapitolando e portando in Sé completamente Adamo. Pertanto, la vittoria del Signore sul peccato e sulla morte e, implicitamente, sull’inferno, opera in ogni anima che si unisce a Lui e ne diventa partecipe – tramite la nascita dall’acqua e dallo spirito (nel Battesimo) e tramite la comunione con il Suo Corpo e Sangue – della Sua morte e risurrezione. Così suona il canone della Pasqua (nel secondo tropario della terza Ode): Ieri mi sono seppellito con Te, Cristo, oggi, con Te, il risorto, insieme risorgo. Ricevere la croce delle prove e delle sofferenze, nel Nome di Cristo, significa essere parte della Sua incomparabile e perenne gloria: Ieri insieme sono stato crocifisso con Te; glorificami con Te, Salvatore, nel Tuo Regno.

Ogni prova che viene su di noi porta in sé il mistero della salvezza, della liberazione dalla morte eterna, così come cantiamo: Venite, credenti, veneriamo la risurrezione di Cristo, perché, ecco, attraverso la Croce è venuta la gioia in tutto il mondo. Ogni prova che ci viene data da affrontare non è altro che una “croce” che ci salva dalla morte interiore e porta resurrezione e rinnovamento. Osiamo, dunque, e imitiamo il profeta Giona, il quale, pur inghiottito da una balena, non poté fare a meno di gridare al Signore con la speranza nella liberazione: nella mia angoscia ho gridato al Signore mio ​​Dio, ed Egli mi ha ascoltato; dal ventre dell’inferno gridò la mia voce e udì il mio pianto (Giona 2, 3). Prendiamo, anche noi, l’abitudine a invocare il Nome del Signore in ogni momento, non solo per noi stessi, ma per ogni uomo e per il mondo intero, con cuore compassionevole e fraterno dolore per tutti i figli dell’uomo con i quali condividiamo tutto il male nel mondo e le sue conseguenze, poiché il Signore è vicino a tutti coloro che Lo invocano (Salmo 144, 19). Invocando il Nome del Signore, prendiamo parte, noi stessi e coloro per i quali preghiamo, alla misericordia e al perdono che il Signore effonde su tutti coloro che Lo invocano per ricevere aiuto, sia alla gloria, alla gioia e al rinnovamento, che ci porta la Sua Resurrezione.

 Contemplando la resurrezione di Cristo, in questo benedetto giorno, adoriamo il Santo Signore Gesù, unico senza peccato! Poiché a Lui spetta ogni gloria, onore e adorazione, e al Padre senza principio, e al santissimo, buono e vivificante Spirito: ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.


CRISTO È RISORTO!


Nell’abbraccio paterno in Cristo il Risorto e l’Apostolica Benedizione su ciascuno di voi, vi auguro ogni bene per la salvezza, 


† Vescovo SILUAN

della Diocesi Ortodossa Romena d’Italia

Dalla nostra Residenza episcopio della benedetta città di Roma, nella luminosa Solennità della Resurrezione del nostro Salvatore Gesù Cristo, il 24 aprile, anno della redenzione 2022.


 

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