I cinque pilastri. Fondamenti del culto musulmano

 Pallavicini, I cinque pilastri. Fondamenti del culto musulmano, introduzione di M. E. Croce, conclusioni di I. A. C. Ferreo, Islam – Saperne di più 6, Paoline Editoriale Libri, Milano 2019, pp. 120, euro 11.


Questo breve saggio, che fa parte di una collana voluta fortemente dal Centro Peirone per onorare la ricerca intellettuale del prestigioso studioso sacerdote Federico Peirone (1920-1989) – esperto del dialogo islamo-cristiano e della critica letteraria araba non solo musulmana –, introduce il lettore in modo semplice e immediato alla conoscenza dei cinque pilastri della fede musulmana: la testimonianza di fede (Shahâda, pp. 40-48), la preghiera (Salât, pp. 49-67), l’elemosina (Zakât, pp. 68-76), il digiuno (Siyâm, pp. 77-86) e il pellegrinaggio (Hajj, pp. 87-104).

Senza apparire scontato nelle riflessioni, l’autore, noto a un vastissimo pubblico per l’impegno profuso a nome della Comunità Religiosa Islamica Italiana (Coreis) della quale è presidente, presenta un’esposizione accurata del culto musulmano tenendo assieme sia l’aspetto dottrinale sia l’aspetto spirituale dei riti e delle norme giuridiche che regolano la fede e il medesimo culto. Il metodo che egli stesso ha seguito nella preparazione e redazione di tale pubblicazione è di farsi guidare e accompagnare da tre grandi sapienti e maestri della spiritualità islamica: l’imam Abû Hâmid Muhammad al-Ghazâlî (Iran, 1058-1111), l’imam Muhyî al-Dîn al-Nawawî (Siria, 1233-1277) e l’imam ‘Abd al-Wahhâlb al-Sha‘rânî (Egitto, 1493-1565). Di quest’ultimo sono riportati alcuni estratti inediti, tradotti dall’arabo per la prima volta in lingua occidentale (cf. pp. 8-9). Si tratta di un degno discepolo dello shaykh sufi ‘Alî al-Khawwâs, citato anche da papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (n. 233).

È fondamentale la lettura del primo breve capitolo (pp. 25-39), dedicato a Intenzione e purificazione rituale (Atti preparatori), per comprendere la prospettiva di questo saggio. È qui spiegato il significato delle abluzioni minori e di quelle maggiori, richiamando anche il simbolismo universale dell’acqua (cf. pp. 35-39). L’abluzione minore (wudû’) s’applica solamente ad alcune membra del corpo e alle estremità di ciascun lato del corpo e ha la funzione di purificare il corpo tramite la frizione dell’acqua (o, in mancanza d’acqua, di terra pulita o di una pietra liscia) secondo una sequenza precisa e con l’intenzione determinata di togliere le impurità e predisporre il corpo, la persona e lo spirito alla comunicazione e alla comunione con Dio e al perdono dei peccati (cf. p. 29). La finalità della purificazione non riguarda semplicemente la cura della pulizia del corpo, bensì la riscoperta di una relazione simbolica con Dio attraverso alcune parti del corpo che hanno funzioni di responsabilità. Le abluzioni maggiori sono previste in corrispondenza d’impurità fisiologiche di un certo rilievo oppure in circostanze particolari (come ad esempio nelle festività maggiori e nel giorno del venerdì dedicato alla preghiera comunitaria), e coinvolgono la totalità del corpo e, simbolicamente, servono a restituire il fedele al ricordo di una purezza originaria, ossia della possibilità di una relazione diretta con Dio. La funzione dell’abluzione maggiore è stata spiegata da alcuni sapienti con una metafora legata all’attributo divino della regalità.

Nella valutazione del significato complesso delle abluzioni e degli atti di culto, si parte da questo principio: «Gli atti di culto sono, infatti, atti di adorazione al Dio Unico e devono, quindi, assumere in ogni aspetto un’attenzione che faccia prevalere l’autenticità dell’azione spirituale del credente nella sua via di disciplina religiosa e in quella comunitaria. La sua responsabilità e coscienza personale devono trovare nella ricerca della retta intenzione la chiave di accesso per l’ingresso della retta intenzione la chiave di accesso per l’ingresso alla comunicazione spirituale con il proprio Signore e non il trucco per un’ambizione opportunistica o consumistica di scelta, calcolo o vana abitudine individuale» (p. 25).

Il taglio dato a questo volumetto, così come spiega Pallavicini nella Premessa, riguarda la possibilità di considerare le esigenze di studio di religiosi e laici, cristiani e musulmani, soprattutto giovani studenti e personale della pubblica amministrazione, per una conoscenza essenziale e precisa del culto islamico (cf. p. 9). Si è scelto il criterio di far parlare il proprio culto “dall’interno”, evitando comparazioni con altre fedi. L’autore è fermamente convinto che ogni identità religiosa, testimoniata in modo autentico, è in grado d’ispirare e d’arricchire nella fede tutti i credenti, senza cedere ad alcuna forma di relativismo o di sincretismo. Da qui nasce la necessità di declinare l’universalità degli insegnamenti spirituali in una prospettiva educativa interdisciplinare, «dove ogni settore particolare della società» può «trarre benefici specifici da questa nuova occasione di conoscenza» (p. 10). Il testo si avvale di un piccolo glossario (pp. 114-117) ed è corredato da una bibliografia essenziale (pp. 118-120) utile per approfondimenti personali e ricerche scientifiche ad ampio raggio.


[Edoardo Scognamiglio]



da centrostudifrancescani.it

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