Intervista a Mons. Domenico Mogavero per il Trentennale della morte di Rita Atria

 


di Massimo de Magistris

vice direttore ufficio ecumenismo e dialogo interreligioso

diocesi di Albano

Nel 30° anniversario della strage di via D'Amelio dove perse la vita il giudice Paolo Borsellino insieme a cinque agenti della sua scorta, in tutta la Sicilia si stanno vivendo momenti di ricordo e condivisione per ripercorrere quei tristi anni e per cercare di dare un nuovo corso ad una storia fatta di silenzi, complicità e morte. 

Una delegazione del nostro ufficio ha incontrato oggi, 26 luglio a Partanna (TP), mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e delegato per la regione Sicilia per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso, in occasione della celebrazione della Messa in ricordo di Rita Atria, testimone di giustizia che, dopo l'assassinio di Paolo Borsellino e l'isolamento dovuto alle sue dichiarazioni, purtroppo si tolse la vita all'età di 17 anni. Mogavero ha concluso la celebrazione liturgica con parole forti: "Noi oggi siamo qui per ricordare una ragazza, oggi sarebbe stata una donna-coraggio, che ha saputo e voluto rifiutare la mafia e le relazioni mafiose, anche all'interno della sua famiglia, e che merita di essere lei pure iscritta nel registro dei martiri, uccisa dalla tragica sequenza delle stragi del 1992".

Al termine della liturgia abbiamo rivolto a lui alcune domande:

D- Che valore ha il dialogo a livello di relazioni umane?

R- Il dialogo è ciò che ci consente di riconoscerci come persone, di riconoscere le nostre diversità e di manifestare all'altro il mondo bello, si spera, che abbiamo dentro di noi.

D- Il dialogo, la volontà di mettersi in relazione, ha costituito la forza che ha permesso a Rita di denunciare la mafia e di porsi a servizio del bene comune.

R- Quello che Rita ha voluto mostrare anche ai suoi coetanei, è l'esistenza di un mondo "bello", di relazioni genuine, non interessate, gratuite e ricche di reciprocità per scoprire nell'altro questo mondo bello che ognuno porta dentro di sé.


D- Come interpretare il valore della "diversità" anche alla luce delle intuizioni della Fratelli tutti di papa Francesco?

R- La diversità, se vissuta come elemento che ci fa confliggere, ci porterebbe fuori da ogni logica... le diversità ci arricchiscono. Il nostro corpo, se fosse tutto occhi o tutto piedi, parafrasando San Paolo, sarebbe inguardabile. Proprio la diversità delle membra consente di far sì che ci sia una unità nella complessità e nell'armonia. Questo è quello che dovremmo realizzare come donne e come uomini nella consapevolezza di vedere nell'altro, me stesso e capendo che presentandoci all'altro con il nostro proprio volto, l'altro sarà più disposto a mostrare a noi il suo volto per una relazione genuina. Questo è quello che ci testimonia il "martirio" di Rita Atria, esponendosi all'altro per ripristinare quella genuinità che purtroppo può essere anche rifiutata.







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