“In Oriente abbiamo visto apparire la sua stella…”




di Massimo de Magistris
vicedirettore Ufficio Ecumenismo e Dialogo interreligioso

RICONOSCERE. È questa la parola chiave con cui padre Antonio Raaidy, sacerdote libanese della chiesa cattolica greco-melchita in servizio a Nettuno per la cura spirituale presso la Scuola di Polizia, ha voluto sollecitare il nutrito gruppo di donne e di uomini che mercoledì 7 dicembre hanno partecipato alla conversazione in preparazione al Santo Natale: “In Oriente abbiamo visto apparire la sua stella…” presso il Centro Ecumenico della Riconciliazione di Lavinio (Anzio), organizzata dall’Ufficio Ecumenismo e Dialogo Interreligioso diocesano.

Grazie anche alle numerose domande e alla sentita partecipazione dei presenti, tra aneddoti e storie, provenienti dall’esperienza personale e dalla sua frequentazione assidua del Medio Oriente, padre Antonio ha ricordato a più riprese che essenzialità e vicinanza sono caratteristiche connaturali ai cristiani di quelle terre. La convivenza tra cristiani e di questi con i fedeli di altre religioni, non si fonda su una vaga idea di allineamento di vedute, ma su un’unità della “carne”, cioè una basilare prossimità fisica che conduce a una spontaneità espressa nella vita quotidiana, a un desiderio di conoscenza reciproca e di condivisione che diventano visibili anche nei momenti forti, spesso vissuti gomito a gomito pur nella diversità di appartenenze.

Nel RICONOSCERE (diverso da un vago conoscere) questa semplicità delle relazioni, ha sottolineato padre Antonio, è possibile cogliere efficacemente il senso stesso dell’Incarnazione del Verbo di Dio che si fa carne nella semplicità di un bambino, nell’ordinarietà della storia.

Dove si concretizza l’unità in quei territori? Ancora una volta è l’esperienza di vita che aiuta a comprendere la bellezza della convivenza: le voci e i suoni che permeano l’aria libanese sono inframezzati continuamente dai richiami alla preghiera dei muezzin musulmani e dagli echi dei canti delle liturgie ortodosse e cattoliche. L’armonia del canto genera serenità nella popolazione e rende sempre meno credibile il cozzare delle armi e delle guerre che feriscono quei luoghi, testimoniando che, come ricorda l’enciclica Fratelli tutti: «Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta il mondo a vivere meglio» (198).





Commenti