Dall'antropocentrismo deviato, al simbolismo del "centro"

Maṇḍala della cosmologia del Monte Meru
Maṇḍala della cosmologia del Monte Meru



di Massimo de Magistris
vicedirettore ufficio ecumenismo e dialogo interreligioso
diocesi di Albano

Quando papa Francesco individua nell'"antropocentrismo deviato" della Laudato si' le cause della rottura dell'armonia tra creature, creazione e Creatore (cf. LS115-136), lo fa ricordando che noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili (LS89) e che non è possibile quindi pensare se stessi scollati dal cosmo, perché Dio Onnipotente è presente in tutto l’universo e nella più piccola delle creature (LS246).

Le sue parole rimandano ad un significato di centralità genuino che occorre conoscere e recuperare, centralità che evidentemente non ha nulla a che vedere con l'antropocentrismo, l'egoismo e l'autoreferenzialità comunemente intesi, ma che suggerisce al contrario un senso originario capace di ripristinare una visione armonica del cosmo a cui tutte le tradizioni religiose, come vedremo, hanno sempre fatto riferimento. Esiste un'idea di centro che non coincide con l'autocollocazione in una immaginaria posizione di dominio, fulcro o perno della realtà, ma che restituisce una comprensione del tutto superiore alla parte (EG237).

Mircea Eliade, nel testo seguente tratto dal suo "Trattato di storia delle religioni" presenta un'analisi dettagliata del simbolismo del "centro" nelle diverse culture capace sicuramente di aiutare a riscoprire la ricchezza straordinaria di questo simbolo con la sua portata culturale e religiosa universale: ricollocarsi nel vero centro corrisponde a vivere in pienezza la realtà. 

Il simbolismo del ‘centro’ e le sue implicazioni cosmologiche sono stati già studiati in varie opere; daremo qui soltanto qualche esempio. Abbracciando i fatti con uno sguardo generale, possiamo dire che tale simbolismo si manifesta in tre complessi solidali e complementari: 1) nel centro del mondo sta la ‘Montagna sacra’, ivi si incontrano il Cielo e la Terra; 2) ogni tempio o palazzo, e per estensione ogni città sacra e residenza regia, sono assimilati a una ‘Montagna sacra’, e quindi promossi a ‘centro’; 3) il tempio o la città sacra, essendo luoghi attraversati dall'"Axis mundi", sono considerati a lor volta punto di congiungimento fra Cielo, Terra e Inferno.

Per questo, nelle credenze indiane, il Monte Meru si erge al centro del mondo, e la Stella Polare splende al disopra di lui. Questo concetto è condiviso dai popoli uralo-altaici, iranici, germanici, Si trova perfino presso i ‘primitivi’ come i Pigmei di Malacca, e sembra presente anche nel simbolismo dei monumenti preistorici. In Mesopotamia un monte centrale (la ‘montagna dei paesi’) unisce Cielo e Terra. Tabor, nome del monte palestinese, potrebbe essere "tabbur", e significare ‘ombelico’, "omphalos"; quanto al monte Gerizim, era chiamato ‘ombelico della Terra’ ("tabbur eres"). La Palestina, grazie alla sua condizione di luogo più alto (è infatti prossima alla cima della montagna cosmica), non fu inondata dal diluvio. Per i cristiani, il Golgota era al centro del mondo, ed era insieme cima della montagna cosmica e sito ove Adamo era stato creato e sepolto. Sicché il sangue del Redentore aveva bagnato il cranio di Adamo, sepolto appunto ai piedi della Croce, e l'aveva riscattato.
Riguardo all'assimilazione dei templi e delle città con la montagna cosmica, la terminologia mesopotamica è chiara: i templi si chiamano il ‘monte casa’, la ‘casa del monte di tutti i paesi’, il ‘monte delle tempeste’, il ‘vincolo fra Cielo e Terra’, eccetera. Un cilindro del tempo del re Gudea dice che ‘la stanza (del dio) che egli (il re) aveva costruito era simile al monte cosmico’. Ogni città orientale si trovava al centro del mondo. Babilonia era una Bab-ilani, una ‘porta degli dèi’, perché in quel luogo gli dèi scendevano sulla terra. La "ziqqurat" mesopotamica era in realtà una montagna cosmica. Il tempio di Barabudur è anch'esso un'immagine del Cosmo ed è costruito in forma di montagna. Ascendendolo, il pellegrino si avvicina al Centro del Mondo e, sulla terrazza superiore, assurge a una rottura di livello, trascende lo spazio profano, eterogeneo, e penetra in una ‘terra pura’.
Le città sante e i luoghi santi sono assimilati alle cime delle montagne cosmiche. Per questo Gerusalemme e Sion non furono sommerse dal diluvio. D'altra parte, secondo la tradizione islamica, il luogo più alto della Terra è la Ka'ba, perché la Stella Polare attesta che essa si trova di fronte al centro del Cielo (45). Nella capitale del sovrano cinese perfetto, lo gnomone non deve dare ombra nel mezzogiorno del solstizio d'estate, perché questa capitale sta al centro dell'Universo, accanto all'Albero miracoloso ‘Legno Eretto’ ("Kien-mu"), dove si intersecano le tre zone cosmiche: Cielo, Terra, Inferno.
In realtà, in quanto situati al centro del Cosmo, il tempio o la città sacra sono sempre il punto di incontro delle tre regioni cosmiche. "Dur-an-ki", ‘luogo fra Cielo e Terra’, era il nome dei santuari di Nippur, di Larsa, e indubbiamente anche di Sippar. Babilonia aveva una quantità di nomi, fra cui ‘Casa della base del Cielo e della Terra’, ‘Legame fra Cielo e Terra’. Ma il collegamento fra la Terra e le regioni inferiori avveniva sempre a Babilonia, perché la città era stata costruita su "Bab-apsi", la ‘Porta di Apsu’; "apsu" designava le acque del Caos, prima della Creazione. Ritroviamo questa stessa tradizione presso gli Ebrei. La roccia di Gerusalemme penetrava profondamente nelle acque sotterranee ("tehom"). Dice la Mishna che il Tempio si trova esattamente al disopra del "tehom" (equivalente ebraico di "apsu"). E appunto come a Babilonia c'era la ‘porta di "apsu"‘, la roccia del Tempio di Gerusalemme conteneva la ‘bocca del "tehom". Si trovano concetti analoghi nel mondo romano. ‘Quando il "mundus" è aperto, si può dire che sia aperta la porta delle tristi divinità infernali’. Il tempio italico era anch'esso zona di intersezione dei mondi: superiore (divino), terrestre e sotterraneo. Abbiamo già fatto notare che l'"omphalos" era considerato ‘ombelico della terra’, cioè ‘centro dell'Universo’. Le valenze ctonio-funerarie dell'"omphalos" non gli vietano "a priori" ogni portata cosmologica. 
Il simbolismo del ‘centro’ comprende nozioni multiple: quella di punto d'intersezione dei livelli cosmici (canale di collegamento tra Inferno e Terra; confronta il "bethel" di Giacobbe, paragrafi 79 e seguenti); quella di spazio ierofanico e insieme REALE; quella di spazio ‘creazionale’ per eccellenza, il solo ove la Creazione POSSA aver inizio. Perciò, in varie tradizioni, vediamo la creazione partire da un ‘centro’, perché ivi sta la fonte di ogni realtà, e quindi dell'ENERGIA della VITA. Avviene perfino che le tradizioni cosmologiche esprimano il simbolismo del centro in termini che sembrano tolti dall'embriologia: ‘Il Santissimo ha creato il mondo come un embrione. Appunto come l'embrione cresce dall'ombelico, così Dio cominciò a creare il mondo dall'ombelico, e di là si è esteso in tutte le direzioni’. "Yoma" afferma: ‘Il mondo fu creato cominciando da Sion’. Anche nel "Rgveda" (10, 149, per esempio) l'universo è concepito come estendentesi partendo da un punto centrale. La tradizione buddhistica ci presenta una concezione identica: la creazione parte da una cima, cioè da un punto insieme centrale e trascendente. Appena nato, il Bodhisattva pianta i piedi sul suolo e, volto verso il nord, fa sette lunghi passi, raggiunge il polo e grida: ‘Sono io che mi trovo sulla punta del mondo ("aggo' ham asmi lokassa"); sono io il primogenito del mondo ("jettho 'ham asmi lokassa")’. In realtà, raggiungendo la cima cosmica, il Buddha diventa CONTEMPORANEO DEL PRINCIPIO DEL MONDO. Magicamente (per il fatto di inserirsi nel ‘centro’, dal quale è uscito l'universo intero) il Buddha ha abolito il tempo e la Creazione, e si trova in quell'istante fuori del tempo che precede la cosmogonia. Si comprenderà questo fra breve; l'abolizione del tempo profano e l'inserzione in quell'"illo tempore" mitico della cosmogonia sono impliciti in qualsiasi ‘costruzione’ e in qualsiasi contatto con un ‘centro’.
Dato che la creazione del mondo cominciò in un certo centro, la creazione dell'uomo non potrebbe avvenire altro che in quel medesimo punto, REALE e VIVO in misura suprema. Secondo la tradizione mesopotamica, l'uomo fu plasmato nell'‘ombelico della terra’ in "uzu" (carne) "sar" (vincolo) "ki" (luogo, terra), là dove si trova anche "Dur-an-ki", il ‘vincolo fra Cielo e Terra’. Ormuzd crea il bove primordiale, Evagdath, e l'uomo primordiale Gayomard, nel centro del mondo. Il paradiso dove Adamo fu creato di creta sta, ben inteso, al centro del Cosmo. Il paradiso era l'‘ombelico della terra’ e, secondo una tradizione siriana, era situato ‘sopra una montagna più alta di tutte le altre’. Secondo il libro siriaco "La Caverna dei Tesori", Adamo fu creato al centro della terra, nello stesso punto ove era destinata a sorgere la Croce di Gesù. Le stesse tradizioni si sono conservate nel giudaismo. L'apocalisse giudaica e le "misdrah shim" precisano che Adamo fu plasmato a Gerusalemme; poiché Adamo fu sepolto nel punto stesso ove era stato creato, cioè nel centro del mondo, sul Golgota, il sangue del Redentore - come abbiamo già visto - lo riscatterà direttamente.

Commenti